Una figura alta, slanciata, di una femminilità perversa e morbosa. Capelli corvini, che incastonano un volto ovale, color di madreperla. Occhi di un colore nero ardente, che si trasformano in un rosso rubino durante la possessione. Labbra sottili, esangui, e una voce, un ipnotico sussurro, che opprime la mente e il cuore, sgorgando all’improvviso nella carne dell’uditore. Le dita della mano affusolate, con acuminate e lunghe unghie con cui durante l’amplesso strazia le carni del compagno, unendo così al parossismo dell’orgasmo, la frenesia del sangue. Un seno eretto che si nasconde fra la folta capigliatura che scende lungo i fianchi, e da cui zampilla sangue. Maestose ali neri, pronte a farla librare in volo, mentre conduce le legioni demoniache, a turbare le notti di uomini, donne, bambini e animali.
Una Donna, la prima Donna, Lilith.
Potrebbe stupirsi l’addolcito lettore di cose esoteriche, nello scoprire quante congreghe sono votate al culto di Lilith, e quanta operatività di coppia e di gruppo trova perno su questo mito; già la sua presenza nella Cabbala, come in ogni grimorio, o testo di magia cerimoniale, dovrebbe essere un valido indizio, delle forze che stuoli di operatori, a torto o a ragione, ad essa associano.
Lilith e Cabbala
Ogni sistema filosofico, ogni docetica esoterica, ogni affresco spirituale umano, invariabilmente trova radice e sviluppo, attorno al perchè del Male, e al sommo di tutti i mali, rappresentato dalla morte. Lo Zohar(1) non fa eccezione a tale ovvia constatazione, affrontando il Male attraverso un approccio tendenzialmente impersonale, rifuggendo ad una identificazione di tale cataclisma, indicandolo generalmente con il termine Sitra Ahra. Nello Zohar l’incapacità umana di seguire la legge divina, è a sua volta riflesso del Male Cosmico ( i mondi distrutti da Dio perchè imperfetti, o gli scarti del pensiero divino: a ben vedere, sono concetti identici nella sostanziale realtà ). Vi sono però due eccezioni a tale trattazione spersonalizzate del Male, inteso come forza cosmica senza forma.
La prima è rappresentata dalla meticolosa descrizione dei “palazzi delle impurità”, la seconda dalla coppia Samael ( il satana cabbalistico, colui che ha portato il veleno nel mondo ) e Lilith ( la sua compagna ), i sovrani del regno delle impurità(2). Lilith è anche raffigurata come un serpente che attraversa lo Sitra Ahra, mentre Samael, cavalcandola, si unisce a lei: da tale unione nasce la moltitudine demoniaca. Arrivando a conclusione di questi brevi cenni di Lilith nella Cabbala, riporto come in Ammud ha-Semali, Samael e Lilith regnano rispettivamente sull’ottava e decima Sefirah(3) dell’emanazione malefica (la parte sinistra, o l’albero della morte che si sviluppa nell’abisso sotto Malkuth) mentre in “La Kabbale Pratique” di R.Ambelain, Lilith è posta al governo della nona quilipoth (10).
Sempre nello Zohar è da segnalare la specularità fra la Shekinah(4) e Lilith. Mentre la prima è la sposa benedetta da cui trae origine il popolo degli eletti ( la casa di Israele ), la seconda è la grande meretrice, la prostituta, da cui prende vita la gente impura, la moltitudine mista ( i non ebrei ). Ciò ampiamente dimostra una vena ossessiva che attraversa tutto lo Zohar, ma questo esula dal nostro attuale lavoro.
Invocazione per il rituale contro Lilith, da eseguirsi prima della copula matrimoniale. (Zohar III,19a)
Nell’ora in cui l’uomo si unisce con sua moglie deve volgere il pensiero alla santità del suo Signore, e dire:
«Coperta di morbido velluto – sei tu qui? Via, via! Non entrare e non uscire! Nulla di tuo e nulla della tua parte! Voltati, voltati, il mare infuria, le sue onde ti chiamano. Ma io afferro la parte santa, Con la santità del Re il sono ricoperto.»
Poi deve avvolgere per un certo tempo la sua testa e quella di sua moglie in un panno, e successivamente spruzzare limpida acqua attorno al letto.
Lilith nella Bibbia Cattolica
All’interno della Bibbia cattolica non troviamo esplicito riferimento a Lilith. Tale rimozione è forse da imputare alla necessità di rendere l’Antico Testamento quanto più coniugabile, nei limiti del possibile, con il Nuovo Testamento, e in tale ottica un mito come quello della prima donna ribelle, risultava essere decisamente ingombrante, in quanto accresceva la disomogeneità delle due raccolte sacre.
Possiamo però dedurre che qualcosa è stato sottratto nell’affresco della Genesi, e che ciò sia rappresentato da Lilith.
Genesi 1:26 E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
Genesi 1:27 Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Genesi 2:21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto.
Genesi 2:22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.
Genesi 2:23 Allora l’uomo disse: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta».
Nei primi loghion riportati si narra come Dio al sesto giorno creò ( dal niente: novità) il Maschio e la Femmina; il termine Adamo (gente delle quattro direzioni) appare successivamente. Ora possiamo discutere molto attorno a questa pluralità di genere, chi la riferisce agli Elohim ( potenti angeli della corte celeste ) che coadiuvano Dio nella sua opera, oppure alla doppia natura ( maschile e femminile ) dello stesso Creatore. Per onestà intellettuale dobbiamo constatare che questo creare è riferito all’uomo quale immagine di Dio, maschio e femmina ( Dio Padre e Dio Madre ). Nel racconto biblico siamo innanzi ad una doppia creazione, contemporanea ma disgiunta, dove i due enti sono relati fra loro solamente dalla fonte generativa.
Il sospetto che qualcosa non abbia proceduto nel modo previsto, secondo l’estensore di questo passo dell’Antico Testamento, è dato dalla necessità di Dio di tornare sulla propria Opera creativa, traendo una costola da Adamo e plasmandola dando vita a Eva.
L’espressione “Adamo” è quindi doppiamente illuminante, in quanto rivela la preesistenza di una precedente compagna, non menzionata, e come colei che è stata appena creata (Eva) sia una sua consanguinea.
Il Mito
Gli albori del mito di Lilith sono da ricercarsi nella cultura Babilonese, e ancora precedentemente in quella Assira., dove troviamo la presenza di due demoni: Lilu (maschio) e Lilith (femmina). Più che singoli spiriti della notte, possiamo però parlare di categorie di spiriti (Ardat-Lilith, Lamashtu, ecc.. ), demoni alati che nella notte scendono a tormentare, a strangolare, uomini, partorienti, e neonati.
Numerose le formule di di scongiuro in assiro, a dimostrare il potere che veniva attribuito a questi “Incubi” della notte.
” A colei che vola nelle stanze della tenebra… passa presto, presto, Lilith “
Nella mitologia ebraica, abbiamo un duplice mito di Lilith l’uno legato al rapporto con Adamo nell’Eden ( il più complesso ), e l’altro al rapporto con Adamo fuori dall’Eden. Quest’ultimo mito, di tradizione midrashica(5), narra come Adamo separatosi da Eva, dopo la cacciata dall’Eden e la perdita dell’immortalità, si sia unito a numerosi spiriti(6), generando con loro. Fra essi anche Lilith, o una Lilith, dal cui rapporto nacque una nuova generazione che popolò la terra.
La leggenda più conosciuta, di radice ebraica, su Lilith la vede come prima moglie di Adamo. Creata da Dio assieme ad Adamo, ne differisce per composizione: sabbia finissima Adamo ( terra sottoposta all’azione del fuoco ), melma ( terra sottoposta all’azione dell’acqua) Lilith. E’ narrato che i due si abbandonarono a fervente passione, ma questo idillio sensuale e sessuale ebbe termine quando Lilith si rifiutò di continuare ad unirsi stando “sotto” ad Adamo. La pretesa di Lilith di assumere una posizione sessuale dominante, scatenò l’ira del compagno a cui si sottrasse, pronunciando il sacro e segreto nome di Dio, librandosi in aria e fuggendo dall’Eden.
Adamo per questa fuga protesta con Dio, reclamando il ritorno della compagna, allora Dio ordinò a tre angeli ( Sanvi, Sansanvi e Semagelaf ) di trovare, e ricondurre ad Adamo Lilith. Questa si era rifugiata in un luogo inospitale, presso il Mar Rosso, dove unendosi con dei demoni generava una moltitudine di figli (Limm). Gli angeli, raggiunta la fuggiasca, le intimano di ritornare nell’Eden, ma lei si oppone all’ordine divino (che con tutta evidenza non aveva potere alcuno oltre l’Eden stesso), mostrando la condizione in cui si trovava. Poteva adesso tornare da Adamo, ora che si era congiunta con altri e aveva generato ? Lilith inoltre rivela che lo stesso Dio le ha conferito potere sui neonati, gli uomini, e le giovinette; ma qualora sia pronunciato il nome degli emissari divini, i tre angeli, lei recederà. La punizione che le viene impartita per il suo rifiuto, è quella che ogni giorno 100 dei suoi Limm moriranno, lo stesso numero dei generati, condannandola a vedere morire i figli, ad essere eterna Madre senza prole.
In un testo ebraico, è riportato come Lilith resa furente e gelosa a causa della nuova compagna di Adamo, si trasformò in serpente ed offrì alla coppia il frutto proibito, condannando l’uomo e la donna alla perdita della loro condizione di favoriti da Dio, e soggetti al ciclo naturale di vita e morte.
Lilith trova alcune corrispondenze, gioco che non ci affascina oltre una certa misura, con la Lamia dei greci e dei romani, a Brunilde(7) della tradizione nordica, alla Kalì(8) vedica, ed infine alla stessa Hecate(9). Solo alcune corrispondenze, che devono offrire riflessioni successive, visto che ogni elemento mitologico ha valore in se e in riferimento alla Cosmogonia in cui è debitamente inserito.
Conclusioni
E’ fin troppo facile, e quindi erroneo, sostenere che Lilith afferisca ad una realtà matriarcale precedente al patriarcato monoteista, oppure che essa sia un mito riconducibile e riducibile alla Tradizione della Dea Madre (11). L’ovvia constatazione di come le vittime di Lilith fossero proprio i neonati ( il frutto più sacro della femminilità manifesta ), e l’incapacità della stessa di trovare piena armonia con l’ordine della fertilità naturale, di cui la tradizione della Grande Madre è simbolo ed espressione, la collocano eventualmente in un anti-mito, oppure in una espressione parziale di una particolare componente “femminile”. Inoltre la valenza magica e simbolica esclusivamente distruttiva, ed energivora, la rendono inadeguata ad offrire un rapporto “integrale” con ogni aspetto del femminile, in quanto contrastante con l’espressione della maternità.
Superficiale è ancora l’affezione, che diviene afflizione, a questo mito esaltandone solamente l’aspetto ribelle all’ordine costituito, in quanto se esso è indubbiamente presente, è altresì vero che essa non è poi in grado di proteggere il frutto del proprio grembo (Limm): la più grave delle colpe di una madre, autocondannandosi ad un’eterna esistenza di rancore e di vendetta.
Lilith non è il simbolo dei viventi, ma delle ombre, e l’enorme confusione che oggi viviamo attorno a questo mito è in parte dovuta alla sua riscoperta a fine dell’ottocento, e successivamente negli anni 60-70, dall’intelligenza del femminismo in gran parte donne di cultura ebraica, alla ricerca di un forte contrasto culturale con la controparte rabbinica che incarnava l’immaginario del patriarcato.
Enorme sciocchezza, poi, sostenere che le tradizioni monoteistiche non sono riuscite a debellare il mito di Lilith, in quanto se esso è sopravvissuto nei secoli è proprio grazie al Talmud e ai Midrash; se tale operazione di occultamento veramente voleva essere perpetrata sarebbe stato più congeniale il semplice ostracismo.
Inoltre il mito di Lilith ha numerosi elementi di virilità: basti ricordare la tradizione che la vuole serpente tentatore nell’Eden, o alcune leggende ove essa può possedere (Incubus) uomini e donne, tramite la possente coda. Questi particolari suggeriscono una non totale collocazione al femminile di questo mito.
Quanto sopra è valido se perseveriamo nell’errore di decontestualizzare il simbolo Lilith, e in genere ogni simbolo, dalla integra sede che gli è propria: l’insieme fisico-psichico-spirituale dell’uomo.
Il mito ebraico ci narra come Adamo sia frutto di sabbia fine, mentre Lilith di melma. Adamo è frutto dell’azione dell’elemento fuoco sull’elemento terra, Lilith della combinazione fra l’elemento terra e l’elemento acqua. Ci è suggerito che Adamo e Lilith sono due espressioni coeve, dove l’una non può sovrastare l’altra, e la loro unione è magnetica ed immediata. Il dramma per le due parti, risiede nel momento della separazione che relega entrambe ad una condizione inferiore alla preesistente, ed in generale alla lenta disgregazione del composito mosaico chiamato uomo.
Sicuramente Adamo è ascrivibile ad un’insufflazione dell’elemento fuoco nell’elemento terra, che renda questa secca, per non procedere nell’arcano è bene quindi dire che ci riferiamo all’aspetto cosciente, logico-dialettico; come altrettanto sicuramente Lilith è ascrivibile a quella radice atavica, ed insopprimibile, della sessualità, fra le due porzioni è inserita una terzo elemento di frizione. Questo elemento è frutto di Adamo dormiente ( che sogna e desidera ), quindi successivo ai precedenti, prende il nome di Eva e rappresenta l’emozionalità. Che da un lato permette alla sfera logica-dialettica di trovare sfogo e limite, alla sua estenuante ricerca di sistematizzazione ed ordine, e alla parte atavica sessuale di affiorare.
Quanto sopra esposto afferisce ad un sottile equilibrio, che millenni di civilizzazione, e socializzazione dell’uomo, hanno portato a relegare l’elemento lilithiano nei meandri più profondi dell’animo umano, rendendolo simile all’energia di un vulcano che anela a dirrompere verso la superficie, trovando varco nella sfera mobile ( l’emotività ).
Che Lilith rappresenti un atavismo sessuale, in sè generale e diffuso ( quindi forza elementale non mediata e non mediabile ) è indicato sempre dal mito, che narra come Lilith provochi le polluzioni notturne negli uomini che possiede. La forza sessuale che comunque deve trovare sfogo, dirompente, violento e distruttivo, come ci ricorda anche la simbologia legata al Dio Kama (12) vedico, o alla doppia veste di Lucifero-Satana.
Il binomio sesso e morte accompagna profondamente il mito di Lilith, e i rituali stregoneschi, che su essa trovano fulcro, trovano espressione in una sessualità lupesca, frenetica e sanguinaria. La doppia e violenta fuoriscita dei due elementi basi del vitale ( vita in essere, e vita in potenza ), che vanno ad aprire le porte di una memoria genetica, in sè e per sè terribile, in quanto semplice ed elementale verità: la bestialità allo stato puro.)
La scissione che l’uomo vive, fra la parte cosciente ( la superficie del mondo ), e la parte atavica ( il cuore pulsante del mondo ), rende i molti che prediligono la prima massima espressione di un controllo privo di potenza, e i rari che incarnano la seconda potenza senza controllo. Tale separazione non giova: creatori senza forza i primi, forti senza capacità di creare i secondi ( I Limm muoiono appena scorgono la luce).
La via che potrà permettere un novello equilibrio fra queste due sfere coeve, che sono il senso della perduta regalità umana, non è quella di una fuga in avanti, attraverso astruse intellettualizzazioni. Quanto un coraggioso precipizio nel baratro primordiale, sperando di mantenere viva una sottile luce, che permetta di fecondare il ventre di Lilith, portando alla luce l’uomo nuovo: reintegrato in ogni componente: Adamo-Lilith-Eva.
Non è fonte di fascino ed interesse che Lilith, l’impura, la dannata, la prostituta demoniaca, conosca l’esatta pronuncia del nome dell’Ineffabile, che nella tradizione magica- religiosa ebraica, poteva essere pronunciato solamente una volta all’anno, nel Tempio di Salomone, dal capo dei Sacerdoti ? Con la differenza che mentre, secondo i testi sacri, Lilith effettivamente deteneva questo “potere”, e lo manifestò, niente è dato di sapere su quello del sommo sacerdote. Non è forse un velato suggerimento a ricercare la Conoscenza, che tutto trasforma, dove si presume che vi sia la tenebra?
Ad un guardare oltre l’apparenza della manifestazione, e attraversando il deserto impervio che al limitare della sfera conscia, imprigionata nel singolo transito temporale, recarsi alle radici eterne della nostra esistenza: quando sia il fuoco che l’acqua furono infusi nella terra.
(Filippo Goti)
A cura di Il Percorso Profondissimo
NOTE:
(1) Zohar. Testo fondamentale della Cabbala, lo Zohar, è stato scritto all’inizio del XIV secolo, in Spagna, dal mistico Mosé de Léon. La parola significa libro dello splendore, anche se si sviluppa in una serie di oscuri precetti e commenti, che l’autore imputò ad una tradizione precedente.
(2) E’ impuro ciò che non è sacro, o consacrato. Ciò alterato dalla mescolanza con altri elementi.
(3) Sefirah. Nel sistema cabbalistico rappresentano degli aspetti qualititativi del divino, e la loro interazione delimita la forma e il campo del dispiegamento della manfiestazione (creazione)
(4) Shekinah. L’immanenza divina.
(5) Midrash. Metodo di interpretare la sacra scrittura, che va oltre il senso letterale delle parole. Questi vari commenti sono raccolti in antologie.
(6) Spiriti. Nella tradizione cabbalistica il sesto giorno Dio creò anche gli spiriti senza corpo (elementali).
(7) Brunilde. Mitica regina di Islanda, impose una serie di prove cruente ai suoi pretendenti, culminanti con un duello mortale.
(8) Kalì. Raffiugura l’aspetto guerriero di Parvati la consorte di Shiva. E’ conosciuta come la grande Dea.
(9) Hecate. Dea della mitologia greca, unica fra le immortali a non essere stata partorita da Zeus, ma figlia di un Re dei giganti. E’ in grado di viaggiare nel mondo degli dei, degli uomini e dei morti.
(10) Le Quilipoth sono le riflessioni negative delle sephirat, il loro volto nascosto, o la loro manifestazione degradata o degrandate, ma al contempo ne rappresentano anche un curore pulsante, che deve essere riassorbito dall’interno
(11) Dea Madre. Complesso di miti arcaici, che si vuole riconducibili ad un’estesa cultura matriarcale, poi sdradicata dal patriarcato.
(12) Dio Kama. Nella mitologia vedica è un Deva bifronte della sessualità, nel suo aspetto di piacere e forza atavica.
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